Eterodossia del modello geometrico borrominiano
“Eresia rappresentativa” orientata ad eludere la visione
Abstract
“Ed io stimo che meno male sia essere un cattivo cattolico che un buon eretico”. Con queste parole Gian Lorenzo Bernini pone in maniera antitetica la sua produzione architettonica con quella di Francesco Borromini che, nel rinnovamento dei caratteri ed il conseguimento di soluzioni architettoniche originali si pone nell’immaginario collettivo del tempo come eretico perché non in linea, divergente, al suo presente consolidato, vuoi per fallacia nel discernimento, vuoi per orgoglio o vanità. Borromini apparentemente si discosta da una verità consolidata nelle variazioni interpretative del canone classico, dimostrandosi dunque un “cattivo cattolico”. Al contrario, si serve dei modelli di riferimento come punto di partenza per una ricerca volta al conseguimento di soluzioni innovative per liberare la fantasia nell'evocare forme con carattere estetico e funzionale nelle variazioni interpretative del canone classico. Rincorre a forme nuove, a nuovi canoni nel rispetto dei simboli e delle regole geometrico-proporzionali ecclesiali, tanto che le sue sperimentazioni, nella dicotomia tra natura e arte e licenza e norma, si imposero purtroppo solo in un secondo momento come esempi da studiare, da rilevare, da imitare. In tale ottica, il contributo focalizza il tema a partire dal Complesso di San Carlo alle Quattro Fontane dell’Ordine Trinitario, prima architettura "fabbricata con ingegnoso, e bizzarro disegno del Borromini". La Fabbrica borrominiana appare, nella sua complessità, come uno “strappo evolutivo” nell’adozione di nuove soluzioni stilistiche e funzionali, definendo un modello prototipale che solo apparentemente esprime una negazione delle regole, delle convenzioni, delle metodologie adottatesino a quel momento, ma bensì integra il simbolismo religioso e le ”misure” dell’Ordine, in un complesso e celato disegno geometrico apparentemente eretico, che ne ha comportato un primo giudizio negativo ma che ha rinnovano successivamente il linguaggio formale dell’architettura italiana ed europea del primo Settecento.
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